martedì 7 febbraio 2012

MESSAGGIO DE SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2012

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012

«Prestiamo attenzione gli uni agli altri,

per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone» (Eb10,24)

Fratelli e sorelle,


la Quaresima ci offre ancora una volta l'opportunità di riflettere sul cuore della vita cristiana: la carità. Infatti questo è un tempo propizio affinché, con l'aiuto della Parola di Dio e dei Sacramenti, rinnoviamo il nostro cammino di fede, sia personale che comunitario. E' un percorso segnato dalla preghiera e dalla condivisione, dal silenzio e dal digiuno, in attesa di vivere la gioia pasquale.


Quest’anno desidero proporre alcuni pensieri alla luce di un breve testo biblico tratto dalla Lettera agli Ebrei: «Prestiamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone» (10,24). E’ una frase inserita in una pericope dove lo scrittore sacro esorta a confidare in Gesù Cristo come sommo sacerdote, che ci ha ottenuto il perdono e l'accesso a Dio. Il frutto dell'accoglienza di Cristo è una vita dispiegata secondo le tre virtù teologali: si tratta di accostarsi al Signore «con cuore sincero nella pienezza della fede» (v. 22), di mantenere salda «la professione della nostra speranza» (v. 23) nell'attenzione costante ad esercitare insieme ai fratelli «la carità e le opere buone» (v. 24). Si afferma pure che per sostenere questa condotta evangelica è importante partecipare agli incontri liturgici e di preghiera della comunità, guardando alla meta escatologica: la comunione piena in Dio (v. 25). Mi soffermo sul versetto 24, che, in poche battute, offre un insegnamento prezioso e sempre attuale su tre aspetti della vita cristiana: l'attenzione all'altro, la reciprocità e la santità personale.



1. “Prestiamo attenzione”: la responsabilità verso il fratello.



Il primo elemento è l'invito a «fare attenzione»: il verbo greco usato è katanoein,che significa osservare bene, essere attenti, guardare con consapevolezza, accorgersi di una realtà. Lo troviamo nel Vangelo, quando Gesù invita i discepoli a «osservare» gli uccelli del cielo, che pur senza affannarsi sono oggetto della sollecita e premurosa Provvidenza divina (cfr Lc 12,24), e a «rendersi conto» della trave che c’è nel proprio occhio prima di guardare alla pagliuzza nell'occhio del fratello (cfr Lc 6,41). Lo troviamo anche in un altro passo della stessa Lettera agli Ebrei, come invito a «prestare attenzione a Gesù» (3,1), l'apostolo e sommo sacerdote della nostra fede. Quindi, il verbo che apre la nostra esortazione invita a fissare lo sguardo sull’altro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la «sfera privata». Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo bene. Il grande comandamento dell'amore del prossimo esige e sollecita la consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è creatura e figlio di Dio: l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a vedere nell'altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore. Se coltiviamo questo sguardo di fraternità, la solidarietà, la giustizia, così come la misericordia e la compassione, scaturiranno naturalmente dal nostro cuore. Il Servo di Dio Paolo VI affermava che il mondo soffre oggi soprattutto di una mancanza di fraternità: «Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli» (Lett. enc. Populorum progressio [26 marzo 1967], n. 66).



L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è «buono e fa il bene» (Sal 119,68). Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell'altro, desiderando che anch'egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. La Sacra Scrittura mette in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito da una sorta di «anestesia spirituale» che rende ciechi alle sofferenze altrui. L’evangelista Luca riporta due parabole di Gesù in cui vengono indicati due esempi di questa situazione che può crearsi nel cuore dell’uomo. In quella del buon Samaritano, il sacerdote e il levita «passano oltre», con indifferenza, davanti all’uomo derubato e percosso dai briganti (cfr Lc 10,30-32), e in quella del ricco epulone, quest’uomo sazio di beni non si avvede della condizione del povero Lazzaro che muore di fame davanti alla sua porta (cfr Lc 16,19). In entrambi i casi abbiamo a che fare con il contrario del «prestare attenzione», del guardare con amore e compassione. Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello? Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni. Mai dobbiamo essere incapaci di «avere misericordia» verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del povero. Invece proprio l’umiltà di cuore e l'esperienza personale della sofferenza possono rivelarsi fonte di risveglio interiore alla compassione e all'empatia: «Il giusto riconosce il diritto dei miseri, il malvagio invece non intende ragione» (Pr 29,7). Si comprende così la beatitudine di «coloro che sono nel pianto» (Mt 5,4), cioè di quanti sono in grado di uscire da se stessi per commuoversi del dolore altrui. L'incontro con l'altro e l'aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine.



Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo. Nella Sacra Scrittura leggiamo: «Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s). Cristo stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr Mt 18,15). Il verbo usato per definire la correzione fraterna - elenchein - è il medesimo che indica la missione profetica di denuncia propria dei cristiani verso una generazione che indulge al male (cfr Ef 5,11). La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori». E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recrimina-zione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello. L’apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu» (Gal 6,1). Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi.



2. “Gli uni agli altri”: il dono della reciprocità.



Tale «custodia» verso gli altri contrasta con una mentalità che, riducendo la vita alla sola dimensione terrena, non la considera in prospettiva escatologica e accetta qualsiasi scelta morale in nome della libertà individuale. Una società come quella attuale può diventare sorda sia alle sofferenze fisiche, sia alle esigenze spirituali e morali della vita. Non così deve essere nella comunità cristiana! L’apostolo Paolo invita a cercare ciò che porta «alla pace e alla edificazione vicendevole» (Rm 14,19), giovando al «prossimo nel bene, per edificarlo» (ibid. 15,2), senza cercare l'utile proprio «ma quello di molti, perché giungano alla salvezza» (1 Cor 10,33). Questa reciproca correzione ed esortazione, in spirito di umiltà e di carità, deve essere parte della vita della comunità cristiana.



I discepoli del Signore, uniti a Cristo mediante l’Eucaristia, vivono in una comunione che li lega gli uni agli altri come membra di un solo corpo. Ciò significa che l'altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza. Tocchiamo qui un elemento molto profondo della comunione:la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale. Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, si verifica tale reciprocità: la comunità non cessa di fare penitenza e di invocare perdono per i peccati dei suoi figli, ma si rallegra anche di continuo e con giubilo per le testimonianze di virtù e di carità che in essa si dispiegano. «Le varie membra abbiano cura le une delle altre»(1 Cor 12,25), afferma San Paolo, perché siamo uno stesso corpo. La carità verso i fratelli, di cui è un’espressione l'elemosina - tipica pratica quaresimale insieme con la preghiera e il digiuno - si radica in questa comune appartenenza. Anche nella preoccupazione concreta verso i più poveri ogni cristiano può esprimere la sua partecipazione all'unico corpo che è la Chiesa. Attenzione agli altri nella reciprocità è anche riconoscere il bene che il Signore compie in essi e ringraziare con loro per i prodigi di grazia che il Dio buono e onnipotente continua a operare nei suoi figli. Quando un cristiano scorge nell'altro l'azione dello Spirito Santo, non può che gioirne e dare gloria al Padre celeste (cfr Mt 5,16).



3. “Per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”: camminare insieme nella santità.



Questa espressione della Lettera agli Ebrei (10,24) ci spinge a considerare la chiamata universale alla santità, il cammino costante nella vita spirituale, ad aspirare ai carismi più grandi e a una carità sempre più alta e più feconda (cfr 1 Cor 12,31-13,13). L'attenzione reciproca ha come scopo il mutuo spronarsi ad un amore effettivo sempre maggiore, «come la luce dell'alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio» (Pr 4,18), in attesa di vivere il giorno senza tramonto in Dio. Il tempo che ci è dato nella nostra vita è prezioso per scoprire e compiere le opere di bene, nell’amore di Dio. Così la Chiesa stessa cresce e si sviluppa per giungere alla piena maturità di Cristo (cfr Ef 4,13). In tale prospettiva dinamica di crescita si situa la nostra esortazione a stimolarci reciprocamente per giungere alla pienezza dell'amore e delle buone opere.



Purtroppo è sempre presente la tentazione della tiepidezza, del soffocare lo Spirito, del rifiuto di «trafficare i talenti» che ci sono donati per il bene nostro e altrui (cfr Mt 25,25s). Tutti abbiamo ricevuto ricchezze spirituali o materiali utili per il compimento del piano divino, per il bene della Chiesa e per la salvezza personale (cfr Lc 12,21b; 1 Tm 6,18). I maestri spirituali ricordano che nella vita di fede chi non avanza retrocede. Cari fratelli e sorelle, accogliamo l'invito sempre attuale a tendere alla «misura alta della vita cristiana» (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte [6 gennaio 2001], n. 31). La sapienza della Chiesa nel riconoscere e proclamare la beatitudine e la santità di taluni cristiani esemplari, ha come scopo anche di suscitare il desiderio di imitarne le virtù. San Paolo esorta: «gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,10).



Di fronte ad un mondo che esige dai cristiani una testimonianza rinnovata di amore e di fedeltà al Signore, tutti sentano l’urgenza di adoperarsi per gareggiare nella carità, nel servizio e nelle opere buone (cfr Eb 6,10). Questo richiamo è particolarmente forte nel tempo santo di preparazione alla Pasqua. Con l’augurio di una santa e feconda Quaresima, vi affido all’intercessione della Beata Vergine Maria e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.



Dal Vaticano, 3 novembre 2011









BENEDICTUS PP. XVI









© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

Ascolta la voce di Dio che vuole dirti qualcosa

ASCOLTA LA VOCE DI DIO, CHE VUOLE DIRTI QUALCOSA



C'è una voce che da anni ti sta chiamando. E' la voce di Dio, che vuole dirti qualcosa. Sapessi quante volte ti è giunta all' orecchio senza mai scendere nel tuo cuore, perché sei troppo preso dal


frastuono del mondo e ti sei addormentato. Tra Dio che ti chiama con la sua grazia, e il demonio che ti stordisce con le sue lusinghe, tu accontenti più il demonio che Dio. Destati dal sonno,


sono anni che dormi e sei nel peccato! Ma ti rendi conto di dove ti sei addormentato? Sei sull'orlo di un precipizio ma Dio continua a chiamarti e non ha permesso che tu cadessi perché se


l'avesse fatto ti saresti svegliato tra le braccia di Satana. Allora?


Cosa fai? Destati dal sonno e accoglilo nel tuo cuore ora, perché domani può essere già tardi. Egli è li ancora che ti aspetta, la sua voce è la voce di un Padre, che non sa darsi pace perché ti sei


allontanato da Lui. Svelto! Non perdere tempo. Oggi è Padre ma domani potrà essere Giudice.


Ave Maria!


(maria maistrini)

lunedì 6 febbraio 2012

"LA MESSA E' AZIONE DIVINA"

06 febbraio 2012
“La Messa è azione divina”
Non è strano che molti cristiani, posati e persino solenni nella vita di relazione (non hanno fretta), nelle loro poco attive attività professionali, a tavola, nel riposo (neanche in ciò hanno fretta), si sentano incalzati dalla fretta e incalzino il Sacerdote, nella loro ansia di abbreviare, di affrettare il tempo dedicato al Sacrificio Santissimo dell'Altare? (Cammino, 530)

Tutta la Trinità è presente nel sacrificio dell'altare. Per la volontà del Padre e con la cooperazione dello Spirito Santo, il Figlio si offre come vittima redentrice. Impariamo a rivolgerci alla Trinità Beatissima, Dio uno e trino: tre Persone divine nell'unità della loro sostanza, del loro amore, della loro efficace azione santificatrice.

Subito dopo il Lavabo il sacerdote pronuncia questa orazione: Accetta, o Trinità Santa, quest'offerta che ti presentiamo in memoria della Passione, Risurrezione ed Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo. E al termine della Messa c'è un'altra orazione di fervente omaggio a Dio uno e trino: Placeat tibi, Sancta Trinitas, obsequium servitutis meae... ti sia gradito, Trinità Santa, l'ossequio del tuo servo: possa questo sacrificio, che io benché indegno ho offerto alla tua Maestà, esserti accetto, e per tua misericordia, attirare il tuo favore su di me e su tutti coloro per i quali l'ho offerto.

La Messa — ripeto — è azione divina, trinitaria, non umana. Il sacerdote che celebra, collabora al progetto del Signore, prestando il suo corpo e la sua voce; ma non agisce in nome proprio, bensì in persona et in nomine Christi, nella persona di Cristo e nel nome di Cristo.

L'amore della Trinità per gli uomini fa si che dalla presenza di Cristo nell'Eucaristia derivino tutte le grazie per la Chiesa e per l'umanità. Questo è il sacrificio predetto da Malachia:Dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra le genti, e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome una oblazione pura.

È il sacrificio di Cristo, offerto al Padre con la cooperazione dello Spirito Santo: oblazione di valore infinito, che rende eterna in noi la Redenzione che i sacrifici dell'antica legge non hanno potuto realizzare.
(E' Gesù che passa, 86) [Uscire] 

domenica 5 febbraio 2012

Vuoi telefonare a Dio?


Vuoi telefonare a Dio?
  • Controlla che il prefisso sia giusto.
  • Non comporre il numero senza pensarci bene per non  fare una telefonata  a vuoto.
  • Non irritarti quando senti il segnale di «occupato ». Attendi e riprova.
  • Sei certo di avere composto il numero giusto?
  • Ricorda che una conversazione telefonica con Dio non è un monologo.
  • Non parlare continuamente tu, ma ascolta che cosa ha da dirti Lui.
  • Se la comunicazione si interrompe, verifica se sei stato tu ad aver interrotto il collegamento.
  • Non abituarti a chiamare Dio unicamente in casi di emergenza,  scegliendo solo il numero di pronto intervento.
  • Non telefonare a Dio solo alle ore della « tariffa ridotta », ossia  prevalentemente di domenica.
  • Anche nei giorni feriali dovrebbe esserti possibile una breve chiamata  ad intervalli regolari.
  • Ricordati che le telefonate con Dio sono senza scatti.
  • Non dimenticarti di richiamare Dio che ti lascia incessantemente  messaggi sulla tua segreteria telefonica.

N.B.: Se nonostante l’osservazione di queste norme, la comunicazione  risulta difficile, rivolgiti con fiducia allo Spirito Santo:
  • Egli riattiverà la linea.
  • Se il tuo apparecchio non funziona per niente, portalo al seminario di  riparazione che si chiama anche il sacramento del perdono.
  • Qualsiasi apparecchio è garantito a vita e sarà rimesso a nuovo  da un  trattamento gratuito.
  •                              Dettaglio dell'immagine
  • Intanto vediamo cosa occorre per pregare bene. Gli elementi principale, a mio avviso, sono:  La mente, Il cuore ed un messaggio. Per una preghiera più consistente di elevatura verso il divino occorre lodare e ringraziare il Signore. Nel dialogo divino vi è un emittente che siamo noi ed  un ricevente che è Dio; inoltre nel dialogo vi è l’oggetto della comunicazione; quindi avere qualcosa da dire al Signore, alla Madonna, agli angeli ed ad i Santi. La comunicazione con il divino ha vari modi ed è soggetta alle varie influenze esterne (è preferibile optare per il raccoglimento e il silenzio). Vi garantisco che non è affatto vero che basta pregare  perché il messaggio arrivi a destinazione. Come dire: Dio sa tutto! Che Dio sappia tutto, che Lui possa raccogliere dove noi non abbiamo seminato e che possa secondo i suoi piani, intervenire nella storia di qualsiasi essere vivente, non lo metto in discussione; il problema non è di Dio ma nostro.Egli ci ha plasmati con amore facendoci belli, forti e con un corpo ed un'anima. Non siamo angeli. Abbiamo orecchie per ascoltare: Gesù fece scuola di preghiera ed insegnò ai discepoli a pregare, ma questi hanno avuto di molto tempo prima che i discepoli comprendessero il messaggio del Maestro. Ecco che quando si prega è fondamentale vedere Dio con gli occhi della fede e della grazia. LA PREGHIERA VERA E' UN ATTO D'AMORE OTTIENE PERCHE' DIO E' AMORE, INFATTI EGLI CI DICE: ..."SE MI CHIEDERETE QUALCHE COSA NEL MIO NOME, IO LA FARO' (Gv 14,14). La preghiera che ottiene è quella che esprime con il cuore il linguaggio della nostra anima.
     Maria Maistrini


mercoledì 1 febbraio 2012

CERCHIAMO L'AMICIZIA NEL DIVIN MAESTRO


CERCHIAMO L'AMICIZIA NEL DIVIN MAESTRO

"Cari figli, Intanto che vi guardo, il mio cuore si stringe dal dolore. Dove andate figli miei? Siete così tanto immersi nel peccato che non sapete fermarvi? Vi giustificate con il peccato vivendo in esso. Inginocchiatevi davanti alla croce e guardate mio Figlio. Lui ha sconfitto il peccato ed è morto, affinché voi, figli miei, possiate vivere. Permetetemi di aiutarvi, affinché non morirete, ma che vivete con il mio Figlio per sempre. Grazie. "
(2 ottobre 2009)


Il messaggio di Maria ci offre quattro spunti di rifelssione:
1) vivere nello stato del peccato
2) l'invito ad abbracciare la Croce
3) l'incontro con il divino
4) la salvezza dell'anima.

Approfondiamoli uno per uno:

1) E' cosa orribile il peccato e più devastante vivere nello stato di peccato, in cui l'anima è in balia del demonio. Si è talmente immersi nel peccato che anche lo sguardo si è abituato al male, decodificandolo come normale oltre che lecito perchè comportamento assunto dalla maggioranza delle persone.
Uno degli aspetti più delittuosi della società contemporanea e vessillo della vittoria del maligno è il "relativismo etico" da cui neanche la Chiesa come istituzione è riuscita a difendersi. Tutto il pontificato di papa Benedetto XVI è stato scandito dal porre in evidenza quanto pericoloso sia questo dilagante relativismo che a macchia d'olio si sta diffondendo in tutti i livelli della società. Anche i consacrati ne sono vittime, ed innumerevoli sono i casi di sacerdoti che si sono macchiati di indicibili nefandezze, giudicate dal Papa stesso come "atti tra i più vergognosi della storia del mondo Cattolico".
A questo stato di cose si risponde con una forte presa di coscienza, col ripristino di una scala di valori che sia epurata da edonismo ed egoismo, con una coerente condotta di vita e con la coesione sinergica nelle battaglie più difficili, come la difesa della vita e la condanna all'aborto, sempre e comunque.

2) I mistici ci insegnano: "per crucem ad lucem". Questo messaggio
è una risposta all'eterno interrogativo relativo al perchè della sofferenza: la sofferenza si capisce attraverso la Croce. Il dolore è la strada che conduce alla salvezza, è il sentiero che ci avvicina a Dio e la preghiera è la medicina più potente per i mali del corpo e dello spirito. Queste sono le armi "bianche" che il Signore ci ha dato per fronteggiare le quotidiane traversie che lo status di mortali ci impone. Se riusciremo ad essere capaci di non perdere mai di vista la Luce, non esisterà ostacolo per il nostro cammino verso la santità, che passa necessariamente attraverso il dolore, attraverso le piccole grandi Croci che tutti portiamo.

3-4) L'incontro col divino è indispensabile per poter ottenere la pace dello spirito. La preghiera quotidiana come momento di elevazione e di ricongiungimento col Padre e la Comunione come unione con Gesù sacramentato: questi sono i momenti da alimentare con la fede per poter essere liberi dal peccato e protetti dalle tentazioni demoniache. Solo così la nostra anima potrà essere salva.
Cerchiamo l'amicizia nel Divin Maestro e alimentiamo la nostra luce interiore che è Dio. Quando riusciremo a sentire il calore dell'amore Celeste nei nostri cuori allora avremo avuto la più grande prova dell'esistenza di Dio.
Un modello evangelico da seguire per camminare in maniera retta il viaggio della nostra vita è Maria, la sorella di Marta, che ha deciso di dare priorità allo spirito rispetto alle cose terrene. Non perdiamo mai di vista questo insegnamento.

Ave Maria!


Maria Maistrini

mercoledì 25 gennaio 2012

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (11 FEBBRAIO 2012)


«Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!» (Lc 17,19)

Cari fratelli e sorelle! In occasione della Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo il prossimo 11 febbraio 2012, memoria della Beata Vergine di Lourdes, desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza a tutti i malati che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle famiglie, esprimendo a ciascuno la sollecitudine e l'affetto di tutta la Chiesa. Nell'accoglienza generosa e amorevole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica, sull'esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e spirituali dell'uomo per guarirle. 1. In quest'anno, che costituisce la preparazione più prossima alla Solenne Giornata Mondiale del Malato che si celebrerà in Germania l'11 febbraio 2013 e che si soffermerà sull'emblematica figura evangelica del samaritano (cfr Lc 10,29-37), vorrei porre l'accento sui «Sacramenti di guarigione», cioè sul Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, e su quello dell'Unzione degli Infermi, che hanno il loro naturale compimento nella Comunione Eucaristica. L'incontro di Gesù con i dieci lebbrosi, narrato nel Vangelo di san Luca (cfr Lc 17,11-19), in particolare le parole che il Signore rivolge ad uno di questi: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!» (v. 19), aiutano a prendere coscienza dell'importanza della fede per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al Signore. Nell'incontro con Lui possono sperimentare realmente che chi crede non è mai solo! Dio, infatti, nel suo Figlio, non ci abbandona alle nostre angosce e sofferenze, ma ci è vicino, ci aiuta a portarle e desidera guarire nel profondo il nostro cuore (cfr Mc 2 ,1-12). La fede di quell'unico lebbroso che, vedendosi sanato, pieno di stupore e di gioia, a differenza degli altri, ritorna subito da Gesù per manifestare la propria riconoscenza, lascia intravedere che la salute riacquistata è segno di qualcosa di più prezioso della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso Cristo; essa trova espressione nelle parole di Gesù: la tua fede ti ha salvato. Chi, nella propria sofferenza e malattia, invoca il Signore è certo che il Suo amore non lo abbandona mai, e che anche l'amore della Chiesa, prolungamento nel tempo della sua opera salvifica, non viene mai meno. La guarigione fisica, espressione della salvezza più profonda, rivela così l'importanza che l'uomo, nella sua interezza di anima e di corpo, riveste per il Signore. Ogni Sacramento, del resto, esprime e attua la prossimità di Dio stesso, il Quale, in modo assolutamente gratuito, «ci tocca per mezzo di realtà materiali …, che Egli assume al suo servizio, facendone strumenti dell'incontro tra noi e Lui stesso» (Omelia, S. Messa del Crisma, 1 aprile 2010). «L'unità tra creazione e redenzione si rende visibile. I Sacramenti sono espressione della corporeità della nostra fede che abbraccia corpo e anima, l'uomo intero» (Omelia, S. Messa del Crisma, 21 aprile 2011). Il compito principale della Chiesa è certamente l'annuncio del Regno di Dio, «ma proprio questo stesso annuncio deve essere un processo di guarigione: "... fasciare le piaghe dei cuori spezzati" (Is 61,1)» (ibid.), secondo l'incarico affidato da Gesù ai suoi discepoli (cfr Lc 9,1-2; Mt 10,1.5-14; Mc 6,7-13). Il binomio tra salute fisica e rinnovamento dalle lacerazioni dell'anima ci aiuta quindi a comprendere meglio i «Sacramenti di guarigione». 2. Il Sacramento della Penitenza è stato spesso al centro della riflessione dei Pastori della Chiesa, proprio a motivo della grande importanza nel cammino della vita cristiana, dal momento che «tutto il valore della Penitenza consiste nel restituirci alla grazia di Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1468). La Chiesa, continuando l'annuncio di perdono e di riconciliazione fatto risuonare da Gesù, non cessa di invitare l'umanità intera a convertirsi e a credere al Vangelo. Essa fa proprio l'appello dell'apostolo Paolo: «In nome di Cristo ... siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20). Gesù, nella sua vita, annuncia e rende presente la misericordia del Padre. Egli è venuto non per condannare, ma per perdonare e salvare, per dare speranza anche nel buio più profondo della sofferenza e del peccato, per donare la vita eterna; così nel Sacramento della Penitenza, nella «medicina della confessione», l'esperienza del peccato non degenera in disperazione, ma incontra l'Amore che perdona e trasforma (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsin. Reconciliatio et Paenitentia, 31). Dio, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), come il padre della parabola evangelica (cfr Lc 15,11-32), non chiude il cuore a nessuno dei suoi figli, ma li attende, li cerca, li raggiunge là dove il rifiuto della comunione imprigiona nell'isolamento e nella divisione, li chiama a raccogliersi intorno alla sua mensa, nella gioia della festa del perdono e della riconciliazione. Il momento della sofferenza, nel quale potrebbe sorgere la tentazione di abbandonarsi allo scoraggiamento e alla disperazione, può trasformarsi così in tempo di grazia per rientrare in se stessi e, come il figliol prodigo della parabola, ripensare alla propria vita, riconoscendone errori e fallimenti, sentire la nostalgia dell'abbraccio del Padre e ripercorrere il cammino verso la sua Casa. Egli, nel suo grande amore, sempre e comunque veglia sulla nostra esistenza e ci attende per offrire ad ogni figlio che torna da Lui, il dono della piena riconciliazione e della gioia. 3. Dalla lettura dei Vangeli, emerge chiaramente come Gesù abbia sempre mostrato una particolare attenzione verso gli infermi. Egli non solo ha inviato i suoi discepoli a curarne le ferite (cfr Mt 10,8; Lc 9,2; 10,9), ma ha anche istituito per loro un Sacramento specifico: l'Unzione degli Infermi. La Lettera di Giacomo attesta la presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità cristiana (cfr 5,14-16): con l'Unzione degli Infermi, accompagnata dalla preghiera dei presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché allevi le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spiritualmente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del Popolo di Dio. Tale Sacramento ci porta a contemplare il duplice mistero del Monte degli Ulivi, dove Gesù si è trovato drammaticamente davanti alla via indicatagli dal Padre, quella della Passione, del supremo atto di amore, e l'ha accolta. In quell'ora di prova, Egli è il mediatore, «trasportando in sé, assumendo in sé la sofferenza e la passione del mondo, trasformandola in grido verso Dio, portandola davanti agli occhi e nelle mani di Dio, e così portandola realmente al momento della Redenzione» (Lectio divina, Incontro con il Clero di Roma, 18 febbraio 2010). Ma «l'Orto degli Ulivi è ... anche il luogo dal quale Egli è asceso al Padre, è quindi il luogo della Redenzione ... Questo duplice mistero del Monte degli Ulivi è anche sempre "attivo" nell'olio sacramentale della Chiesa ... segno della bontà di Dio che ci tocca» (Omelia, S. Messa del Crisma, 1 aprile 2010). Nell'Unzione degli Infermi, la materia sacramentale dell'olio ci viene offerta, per così dire, «quale medicina di Dio ... che ora ci rende certi della sua bontà, ci deve rafforzare e consolare, ma che, allo stesso tempo, al di là del momento della malattia, rimanda alla guarigione definitiva, alla risurrezione (cfr Gc 5,14)» (ibid.). Questo Sacramento merita oggi una maggiore considerazione, sia nella riflessione teologica, sia nell'azione pastorale presso i malati. Valorizzando i contenuti della preghiera liturgica che si adattano alle diverse situazioni umane legate alla malattia e non solo quando si è alla fine della vita (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1514), l'Unzione degli Infermi non deve essere ritenuta quasi «un sacramento minore» rispetto agli altri. L'attenzione e la cura pastorale verso gli infermi, se da un lato è segno della tenerezza di Dio per chi è nella sofferenza, dall'altro arreca vantaggio spirituale anche ai sacerdoti e a tutta la comunità cristiana, nella consapevolezza che quanto è fatto al più piccolo, è fatto a Gesù stesso (cfr Mt 25,40). 4. A proposito dei «Sacramenti di guarigione» S. Agostino afferma: «Dio guarisce tutte le tue infermità. Non temere dunque: tutte le tue infermità saranno guarite... Tu devi solo permettere che egli ti curi e non devi respingere le sue mani» (Esposizione sul Salmo 102, 5: PL 36, 1319-1320). Si tratta di mezzi preziosi della Grazia di Dio, che aiutano il malato a conformarsi sempre più pienamente al Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo. Assieme a questi due Sacramenti, vorrei sottolineare anche l'importanza dell'Eucaristia. Ricevuta nel momento della malattia contribuisce, in maniera singolare, ad operare tale trasformazione, associando colui che si nutre del Corpo e del Sangue di Gesù all'offerta che Egli ha fatto di Se stesso al Padre per la salvezza di tutti. L'intera comunità ecclesiale, e le comunità parrocchiali in particolare, prestino attenzione nell'assicurare la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale a coloro che, per motivi di salute o di età, non possono recarsi nei luoghi di culto. In tal modo, a questi fratelli e sorelle viene offerta la possibilità di rafforzare il rapporto con Cristo crocifisso e risorto, partecipando, con la loro vita offerta per amore di Cristo, alla missione stessa della Chiesa. In questa prospettiva, è importante che i sacerdoti che prestano la loro delicata opera negli ospedali, nelle case di cura e presso le abitazioni dei malati si sentano veri «"ministri degli infermi", segno e strumento della compassione di Cristo, che deve giungere ad ogni uomo segnato dalla sofferenza» (Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale del Malato, 22 novembre 2009). La conformazione al Mistero Pasquale di Cristo, realizzata anche mediante la pratica della Comunione spirituale, assume un significato del tutto particolare quando l'Eucaristia è amministrata e accolta come viatico. In quel momento dell'esistenza risuonano in modo ancora più incisivo le parole del Signore: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno» (Gv 6,54). L'Eucaristia, infatti, soprattutto come viatico è - secondo la definizione di sant'Ignazio d'Antiochia - «farmaco di immortalità, antidoto contro la morte» (Lettera agli Efesini, 20: PG 5, 661), sacramento del passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre, che tutti attende nella Gerusalemme celeste. 5. Il tema di questo Messaggio per la XX Giornata Mondiale del Malato, «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!», guarda anche al prossimo «Anno della fede», che inizierà l'11 ottobre 2012, occasione propizia e preziosa per riscoprire la forza e la bellezza della fede, per approfondirne i contenuti e per testimoniarla nella vita di ogni giorno (cfr Lett. ap. Porta fidei, 11 ottobre 2011). Desidero incoraggiare i malati e i sofferenti a trovare sempre un'ancora sicura nella fede, alimentata dall'ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e dai Sacramenti, mentre invito i Pastori ad essere sempre più disponibili alla loro celebrazione per gli infermi. Sull'esempio del Buon Pastore e come guide del gregge loro affidato, i sacerdoti siano pieni di gioia, premurosi verso i più deboli, i semplici, i peccatori, manifestando l'infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza (cfr S. Agostino, Lettera 95, 1: PL 33, 351-352). A quanti operano nel mondo della salute, come pure alle famiglie che nei propri congiunti vedono il Volto sofferente del Signore Gesù, rinnovo il ringraziamento mio e della Chiesa, perché, nella competenza professionale e nel silenzio, spesso anche senza nominare il nome di Cristo, Lo manifestano concretamente (cfr Omelia, S. Messa del Crisma, 21 aprile 2011). A Maria, Madre di Misericordia e Salute degli Infermi, eleviamo il nostro sguardo fiducioso e la nostra orazione; la sua materna compassione, vissuta accanto al Figlio morente sulla Croce, accompagni e sostenga la fede e la speranza di ogni persona ammalata e sofferente nel cammino di guarigione dalle ferite del corpo e dello spirito. A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 20 novembre 2011, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo. Benedictus PP XVI © Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana


martedì 24 gennaio 2012

Ascoltiamo Maria

ASCOLTIAMO MARIA


"Vi invito all'abbandono in Dio. Desidero che rinunciate a quelle cose a cui siete attaccati e che danneggiano la vostra vita spirituale" (25/2/90). Una volta compiuti con amore tutti i tuoi doveri verso coloro che sono il tuo prossimo, conquistati uno spazio di silenzio e gettati nella preghiera cioè nell'abbraccio di Dio. "La preghiera diventi per te un bisogno (25/2/02), diventi per te gioia" (25/7/03).






"Consacratevi al mio Cuore Immacolato. Desidero che vi consacriate personalmente, come famiglia e come parrocchia, in modo tale che tutto appartenga a Dio attraverso le mie mani" (25/10/88).






Non pensare però di consacrarti a Maria, di riuscire a pregare e di goderne i frutti di gioia e di consolazione se continui ad avere le mani sporche e i piedi piantati nel fango dei tuoi peccati.






"Quando stendete le mani, Io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, Io non ascolto. Toglite il male dalle vostre azioni e dalla mia vista! Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova " (Is.1,15-17).






"Questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani" (Is.29,13).






Ogni incontro con Dio deve essere preceduto dalla consapevolezza della nostra condizione di peccatori, da una invocazione di misericordia e di perdono e da un sincero impegno di conversione.






"Perdonate tutti coloro che vi hanno fatto del male" (25/9/97).






"Non potete entrare nella Preghiera se non vi scaricate


dal peso dei peccati e delle preoccupazioni" (4/2/85).






"Non posso aiutare coloro che non


pregano e non fanno sacrifici" (18/8/82).


Riconciliatevi con Dio e "pregate fino a quando la vostra vita


diventi preghiera.". (25-8-98).






Ave Maria!


Maria Maistrini


mercoledì 11 gennaio 2012

DIFENDERE LA FEDE

Il 28 gennaio al teatro “Parenti” di Milano ci sarà lo spettacolo “Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio” di R. Castellucci in cui vi è un lancio di pietre ed escrementi contro l’immagine di Nostro Signore Gesù Cristo. In Francia i cattolici hanno reagito con azioni spontanee per ritardare o interrompere gli spettacoli o manifestando pacificamente in piazza. Il 28 gennaio anche noi abbiamo il dovere di… REAGIRE! Inizia a reagire anche tu, scrivendo almeno un messaggio e-mail per manifestare la tua indignazione: 1- al Teatro Parenti Sede degli spettacoli via Pier Lombardo 14 - 20135 Milano Sede degli uffici via Vasari 15 – 20135 Milano Segreteria di Direzione tel. 02/59995220 martinamoretti@teatrofrancoparenti.it

lunedì 9 gennaio 2012

RENDIAMO GRAZIE A DIO

AMATISSIMI, CON LA CELEBRAZIONE DEL BATTESIMO DEL SIGNORE SI

CONCLUDE IL TEMPO DI NATALE. VOGLIAMO RINGRAZIARE  DIO PER AVERCI
RIGENERATI CON IL BATTESIMO ALLA FONTE DELLA VITA E AVER FATTO RINASCERE DENTRO DI NOI IL DIO BAMBINO CHE SI E' FATTO UOMO PERCHÉ NOI DIVENTASSIMO FIGLI DI DIO.

GRAZIE PADRE PER QUESTA GIOIA GRANDE, PER QUESTO AMORE INCOMMENSURABILE.
AIUTACI PADRE AD ESSERE DEGNI FIGLI TUOI TE LO CHIEDIAMO PER
INTERCESSIONE DELLA VERGINE MARIA, MADRE DI CRISTO E DI TUTTI
COLORO CHE CREDONO IN LUI. NOI VOGLIAMO ESSERE DEGNI DI ESSERE
CHIAMATI "FIGLI" NON CON LE PAROLE, MA CON LE OPERE.AMEN



AVE MARIA!



MARIA MAISTRINI

Il Santo Rosario del Vaticano...pregate con me!!!







http://farm2.static.flickr.com/1159/558258166_17430cdb60.jpg





Esposizione dei misteri

Il Rosario è composto di venti "misteri" (eventi, momenti significativi) della vita di Gesù e di Maria, divisi dopo la Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, in quattro Corone.

La prima Corona comprende i misteri gaudiosi (lunedì e sabato), la seconda i luminosi (giovedì), la terza i dolorosi (martedì e venerdì) e la quarta i gloriosi (mercoledì e domenica).

«Questa indicazione non intende tuttavia limitare una conveniente libertà nella meditazione personale e comunitaria, a seconda delle esigenze spirituali e pastorali e soprattutto delle coincidenze liturgiche che possono suggerire opportuni adattamenti» (Rosarium Virginis Mariae, n. 38).

Per aiutare l'itinerario meditativo-contemplativo del Rosario, ad ogni "mistero" sono riportati due testi di riferimento: il primo della Sacra Scrittura, il secondo del Catechismo della Chiesa Cattolica.



Archivio blog

Le omelie di Padre Raniero Cantalamessa





festa