giovedì 21 novembre 2013

Il senso della vita


 Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista tratta da: "Riflessioni sul Senso della Vita" 

Domande:

1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?
*E’ interessante la tua domanda che mi suggerisce questa risposta: Proprio alla presenza del dolore, della malattia e della morte mi viene offerta tale domanda, perché è grazie al disagio che si cerca l’agio, grazie al dolore particolarmente se morale, spirituale, si è spinti a cercare oltre, più in alto: “Inquieto è il mio cuore finchè non riposa in Te”. La felicità è lo scopo primo per cui Dio ci ha creati. La sua nascita segna l’arrivo del “gaudium magnum” – “Vivete le mie parole affinchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia perfetta”- Il Paradiso è creato perché in eterno possiamo godere in Dio tutta la Felicità e con essa godere ogni altro bene, senza alcun male.

2) Cos’è per lei l’amore?
*E’ il dono che sgorga dal cuore verso un altro appena prendi coscienza di essere infinitamente amato; è il traboccare d’una realtà paradisiaca che non sai e non puoi contenere in te, come del resto neppure Dio sa e può trattenere: “Bonum diffusivum sui”. Io e tusiamo stati creati da Dio perché amati da Lui e per dare a Lui la possibilità di amare qualcuno fuori di sé. Poter amare il prossimo è salute per te e per lui. L’amore reciproco è amore perfetto perché assomiglia a quello del Padre, è amore trinitario, è un amore che permette di donarci reciprocamente Dio tanto da meritarne la presenza non solo in noi, ma anche fra noi. E’ il nostro paradiso in terra. Io sono in mezzo a loro se trovo due o più uniti nel mio nome,  si amano cioè reciprocamente

3) Come spiega l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?
Mi piace ricordare le parole d’un canto che mi aiuta molto:
“E’ tanto difficile capir
Gesù Abbandonato il tuo dolor,
capire il vero amor”.
E l’amore vero è quello “che nulla chiede e tutto dà”.
E’ umanamente inaccettabile, inspiegabile il dolore. Solo dopo il calvario un Dio è venuto ad assicurarci la sua presenza d’amore in ogni sofferenza piccola o grande; comunque anche il dolore più piccolo è sempre la massima misura dell’Amore perché “contiene” ed è espressione  dell’amore infinito.  Un santo dice che è umanamente impossibile abbracciare il dolore; ma aggiunge che Gesù – uomo dei dolori - ha fatto suo il dolore così tanto da “rivestirsene”. Il dolore, ogni sorta di dolore, ogni manifestazione dolorosa della vita è ormai segno tangibile, sensibile dell’Amore. Perfino ogni espressione negativa del vocabolario ti dona un nome nuovo con cui chiamare l’Amato. “Ti butti ad abbracciare un mare di dolore, ti ritrovi in un mare di Amore”. Ogni croce è la porta, è il punto di passaggio dell’amore di Dio per l’umanità e dell’umanità verso Dio. Segna il punto focale dell’unione tra Dio e l’uomo e dell’uomo con Dio. Per cui abbracciando il dolore, non si abbraccia il dolore, ma “la seconda persona della santissima Trinità, l’Amore del Padre fatto carne”.

4) Cos’è per lei la morte?
*Per me la morte non è il cessare di respirare sulla terra, ma è il continuare in cielo a respirare pienamente quello Spirito d’amore iniziato fin dalla nostra nascita in questo mondo. La morte non è il finire di qualche cosa, ma è la più grande rivelazione a ciascuno dell’innamoramento di Dio che tanto ci ama da non farcela più in paradiso senza di noi. Con la morte si avvera l’abbraccio definitivo tra L’Amore e chi si lascia amare. “Rompi, o mio Amato, la tela al dolce incontro ormai”- “O mio Dio è ora che ci vediamo!”.  A una signora che lamentava la morte di  suo marito a causa di una distrazione del medico, vista la sua fede, mi sono sentito di dire: ” La morte è agli occhi di Dio talmente importante che non può mai pensarsi causata da una distrazione, ma da “eccessiva attenzione” dell’Amore di Dio, talmente geloso di te, che non vuole lasciarti “in braccio” a nessuno.

5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?
Il più bel paragone che mi risulta in grado di rispondere a  questa domanda è: “Il bambino appena nasce s’aggrappa alla mamma che Dio gli ha affidato e dalla quale è nato. Non può vivere, non gli è chiesto, nè sa fare un passo, né può volere qualcosa, né ricevere nulla senza diretto o indiretto riferimento alla mamma. Il percorso del bambino è stare in braccio alla mamma”Rimanete nel mio amore”- “In Ipso vivimus, movemur et sumus” –Il pesce guizzando in pieno mare, non vede il mare, ma lo vive e lo gode.  “Senza di me non potete far nulla” – “Tutto posso in Colui che è la mia capacità”. In Lui quindi trovo ogni momento la via da percorrere, la luce della verità che mi illumina il cammino ed è il vigore della vita. Il bambino non riesce a vedere la mamma proprio quando e  perché vive in lei. Mai una creatura è tanto intima a Dio come quando, passando la notte oscura, non lo vede se non con la fede pura. La mia fortuna è avvertire che senza di lui sono smarrito, senza forze, né direzione.

6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?
* Mi pare che il progetto esistenziale corrisponda alla vocazione che Dio da a ciascuno e che Lui sa portare avanti. Ho sperimentato che il progetto della mia vita ce l’ha in mano Lui. Spesso mi ripeto come prima urgenza di ogni mia giornata: “come in ogni uomo, anche dentro di te hai Dio-Papà; lascia che ti faccia da Papà nella tua vita”. Mi esprime molto il titolo d’un mio libretto: “La manina nella Mano”. Sembra la foto del mio stare e del mio andare: un bambino che non può sbagliare strada, anzi ha la certezza di indovinare ogni passo e in qualsiasi direzione quella Mano lo voglia condurre. Tanto che non desidera tanto andare qua o là, esprimere questo o quel progetto quanto tenere la manina nella Mano. Stare nell’Amore è la realizzazione di ogni progetto esistenziale.

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?
* Rispondo con una metafora dei miei libretti, perché Dio ci ha creati a immagine sua, come comunità, come espressione dell’amore fraterno, come famiglia: Due ruote e un telaio: Spesso telefonavo a Stino, mio amico carissimo, per sollecitarlo ad attuare quanto insieme ci eravamo proposti con entusiasmo. Ma lo sentivo privo di ogni slancio, demoralizzato al punto che ripeteva: “Non vedo soluzione ai problemi che si presentano. Sarebbe bello, ma io non posso, non me la sento; dal mio punto di vista è tutto assurdo”.             Come sempre, non perdevo tempo a discutere al telefono; lo invitavo semplicemente a mangiare una pizza. Gli era facile stare insieme a tavola per una mezz’ora; anzi quei benedetti momenti di comunione diventavano la soluzione del problema, luce per ogni oscurità, ebbrezza per ogni proposito. Ecco perché il demonio è vincente appena inietta il veleno della disunità.             Approfittai per raccontargli la storia d’una bici che sapevo gloriosa di imprese. Un giorno le due ruote per un violento incidente si erano separate una dall’altra e già erano demoralizzate ai bordi opposti della strada. Ancora intatte ed efficienti; ma sole. Da una spirava disperazione e dall’altra il triste rammarico di non poter più godere i gloriosi traguardi su strada.             Non perdetti tempo a ragionare con le due “separate”. Con il loro assenso, le presi e le portai dal meccanico che le ha applicate e unite al loro stesso telaio. Non era ancora ultimata l’operazione di aggancio che avevano già ripreso con slancio a programmare imprese che da sole era ovviamente assurdo anche solo pensare.             Se due ruote separate sono disperate, in una bici cantano vittoria. 8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli? *Il male lo riconosco dall’inquietudine, dall’insoddisfazione, dal disagio; il bene che mi accompagna lo godo dall’appagamento, dalla serenità, dalla libertà che genera. La conoscenza del bene ce l’hai quando lo perdi.  Sai cos’è la pace soprattutto quando ti manca. Agostino definisce l’Amore, il massimo bene, come vera espressione di libertà; tanto che in vita a vivere il massimo dell’amore cristiano per godere il massimo della libertà: “ama et fac quod vis”. Nessuno gode maggior libertà di chi ha fatto suo il volere di Dio che coincide con il massimo amore: “In la Sua voluntate è nostra pace”. 9) L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei? *Ogni astro, ogni pianeta, ogni pianta, ogni essereogni uomo riceve dal creatore il suo DNA. Da qui la sua partenza; è la proiezione che, assecondata, gli assicura la pienezza della serenità e la fuga da ogni angoscia, il bene della libertà. Io so che ogni uomo che perda la pace, che smarrisca la direzione o che si trovi nel baratro della sua miseria o sprofondato nell’angoscia più nera dell’orfanezza, può in ogni momento ricomporre  tutto, può sempre ritrovare il riposo sicuro rifugiandosi “nel sen che mai non cangia”: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. 10) Qual è per lei il senso della vita? *Per me il senso della vita, e lo sperimento vero ogni giorno, è godere quella felicità che ci deriva dalla certezza di essere amati immensamente da Dio, cosi come siamo. Certezza che ti rilancia a  vivere in pienezza l’amore fraterno fino a donare la vita: non c’è felicità più grande, non c’è amore più grande. Mi piace cantare: trovi vita se doni la vita    P. Andrea  Panont 

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Il Rosario è composto di venti "misteri" (eventi, momenti significativi) della vita di Gesù e di Maria, divisi dopo la Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, in quattro Corone.

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«Questa indicazione non intende tuttavia limitare una conveniente libertà nella meditazione personale e comunitaria, a seconda delle esigenze spirituali e pastorali e soprattutto delle coincidenze liturgiche che possono suggerire opportuni adattamenti» (Rosarium Virginis Mariae, n. 38).

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