martedì 22 gennaio 2013
lunedì 14 gennaio 2013
L'AMORE VERO
è un ballo di luci e colori...E' un pensiero profondo
di quiete e di emozioni che cresce nell'anima con
armonia.
L'Amore vero è come essere baciati dal sole che
cambia l'inverno in primavera.
L'Amore vero è eterno perché viene da Dio.
Maria Maistrini
sabato 12 gennaio 2013
Nella sofferenza quante lacrime versate
Nella sofferenza quante lacrime versate!... Esse sono il distillato del dolore e rappresentano il fenomeno più tenero di un cuore angosciato; sono la voce dell'anima che ti parla quando il labbro non ha più parole. Le lacrime sono i battiti del cuore, sono parole che parlano con gli occhi, sono un tacito appello di aiuto. Quante lacrime ho versato nella mia angoscia, nel mio dolore, nella
mia solitudine... Si solitudine... perché dove c'è la sofferenza nessuno vuole esserci... Poi ho raccolto tutte le mie lacrime le ho trasformate in energia, e sono diventate amore, dolore, forza, invocazione, e carezze di misericordia.
Voglia di andare avanti, voglia di giustizia, voglia di amare. Amare i miei figli, trasformare il dolore in amore e come lampo che ti abbaglia la vista cerchi un mondo spirituale che ti sfugge, cerchi la comunicazione con Gesù, cerchi di attirarlo a te... lo saldi bene nel tuo cuore e corri verso la vita che ti attende... Lui come il Cireneo solleva la tua croce, diventa leggera fino al punto di non sentirla più. La sofferenza diventa dolce con Gesù al tuo fianco.
Il Signore è con te, piange con te... un pianto dolce perchè Egli è tutto Amore, le mie lacrime si mescolano a quelle di Gesù e diventano forza mescolate a misericordia. Nel mio dolore ti ho attirato a me... ora vivi dentro di me... sei la mia forza... il mio coraggio... sei tutto per me Gesù... tu hai cambiato il
mio cuore... mi hai fatto conoscere l'Amore, la pace e la serenità... Io Ti amo Gesù!
di Maria Maistrini
venerdì 11 gennaio 2013
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XXI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (11 FEBBRAIO 2013)
PER LA XXI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
(11 FEBBRAIO 2013)
«Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10, 37)
Cari fratelli e sorelle!
1. L’11 febbraio 2013, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, si celebrerà in forma solenne, presso il Santuario mariano di Altötting, la XXI Giornata Mondiale del Malato. Tale giornata è per i malati, per gli operatori sanitari, per i fedeli cristiani e per tutte le persone di buona volontà «momento forte di preghiera, di condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo che, soffrendo, morendo e risorgendo ha operato la salvezza dell’umanità» (Giovanni Paolo II, Lettera istitutiva della Giornata Mondiale del Malato, 13 maggio 1992, 3). In questa circostanza, mi sento particolarmente vicino a ciascuno di voi, cari ammalati che, nei luoghi di assistenza e di cura o anche a casa, vivete un difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza. A tutti giungano le parole rassicuranti dei Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II: «Non siete né abbandonati, né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine» (Messaggio ai poveri, ai malati e ai sofferenti).
2. Per accompagnarvi nel pellegrinaggio spirituale che da Lourdes, luogo e simbolo di speranza e di grazia, ci conduce verso il Santuario di Altötting, vorrei proporre alla vostra riflessione la figura emblematica del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37). La parabola evangelica narrata da san Luca si inserisce in una serie di immagini e racconti tratti dalla vita quotidiana, con cui Gesù vuole far comprendere l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia e nel dolore. Ma, allo stesso tempo, con le parole conclusive della parabola del Buon Samaritano, «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,37), il Signore indica qual è l’atteggiamento che deve avere ogni suo discepolo verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura. Si tratta quindi di attingere dall’amore infinito di Dio, attraverso un’intensa relazione con Lui nella preghiera, la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta, come il Buon Samaritano, nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto e privo di risorse. Ciò vale non solo per gli operatori pastorali e sanitari, ma per tutti, anche per lo stesso malato, che può vivere la propria condizione in una prospettiva di fede: «Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore» (Enc. Spe salvi, 37).
3. Vari Padri della Chiesa hanno visto nella figura del Buon Samaritano Gesù stesso, e nell’uomo incappato nei briganti Adamo, l’Umanità smarrita e ferita per il proprio peccato (cfr Origene, Omelia sul Vangelo di Luca XXXIV, 1-9; Ambrogio, Commento al Vangelo di san Luca, 71-84; Agostino, Discorso 171). Gesù è il Figlio di Dio, Colui che rende presente l’amore del Padre, amore fedele, eterno, senza barriere né confini. Ma Gesù è anche Colui che “si spoglia” del suo “abito divino”, che si abbassa dalla sua “condizione” divina, per assumere forma umana (Fil 2,6-8) e accostarsi al dolore dell’uomo, fino a scendere negli inferi, come recitiamo nel Credo, e portare speranza e luce. Egli non considera un tesoro geloso il suo essere uguale a Dio, il suo essere Dio (cfr Fil 2,6), ma si china, pieno di misericordia, sull’abisso della sofferenza umana, per versare l’olio della consolazione e il vino della speranza.
4. L’Anno della fede che stiamo vivendo costituisce un’occasione propizia per intensificare la diaconia della carità nelle nostre comunità ecclesiali, per essere ciascuno buon samaritano verso l’altro, verso chi ci sta accanto. A questo proposito, vorrei richiamare alcune figure, tra le innumerevoli nella storia della Chiesa, che hanno aiutato le persone malate a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale, affinché siano di esempio e di stimolo. Santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo, “esperta della scientia amoris” (Giovanni Paolo II, Lett. ap., Novo Millennio ineunte, 42), seppe vivere «in unione profonda alla Passione di Gesù» la malattia che la condusse «alla morte attraverso grandi sofferenze». (Udienza Generale, 6 aprile 2011). Il Venerabile Luigi Novarese, del quale molti ancora oggi serbano vivo il ricordo, nell’esercizio del suo ministero avvertì in modo particolare l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i sofferenti, che accompagnava spesso nei Santuari mariani, in speciale modo alla grotta di Lourdes. Mosso dalla carità verso il prossimo, Raoul Follereau ha dedicato la propria vita alla cura delle persone affette dal morbo di Hansen sin nelle aree più remote del pianeta, promuovendo fra l’altro la Giornata Mondiale contro la Lebbra. La beata Teresa di Calcutta iniziava sempre la sua giornata incontrando Gesù nell’Eucaristia, per uscire poi nelle strade con la corona del Rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente nei sofferenti, specialmente in coloro che sono “non voluti, non amati, non curati”. Sant’Anna Schäffer di Mindelstetten seppe, anche lei, in modo esemplare unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo: «il letto di dolore diventò… cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario… Confortata dalla Comunione quotidiana, ella diventò un’instancabile strumento di intercessione nella preghiera e un riflesso dell’amore di Dio per molte persone che cercavano il suo consiglio» (Omelia per la canonizzazione, 21 ottobre 2012). Nel Vangelo emerge la figura della Beata Vergine Maria, che segue il Figlio sofferente fino al supremo sacrificio sul Golgota. Ella non perde mai la speranza nella vittoria di Dio sul male, sul dolore e sulla morte, e sa accogliere con lo stesso abbraccio di fede e di amore il Figlio di Dio nato nella grotta di Betlemme e morto sulla croce. La sua ferma fiducia nella potenza divina viene illuminata dalla Risurrezione di Cristo, che dona speranza a chi si trova nella sofferenza e rinnova la certezza della vicinanza e della consolazione del Signore.
5. Vorrei infine rivolgere il mio pensiero di viva riconoscenza e di incoraggiamento alle istituzioni sanitarie cattoliche e alla stessa società civile, alle diocesi, alle comunità cristiane, alle famiglie religiose impegnate nella pastorale sanitaria, alle associazioni degli operatori sanitari e del volontariato. In tutti possa crescere la consapevolezza che «nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Christifideles laici, 38).
Affido questa XXI Giornata Mondiale del Malato all’intercessione della Santissima Vergine Maria delle Grazie venerata ad Altötting, affinché accompagni sempre l’umanità sofferente, in cerca di sollievo e di ferma speranza, aiuti tutti coloro che sono coinvolti nell’apostolato della misericordia a diventare dei buoni samaritani per i loro fratelli e sorelle provati dalla malattia e dalla sofferenza, mentre ben volentieri imparto la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 2 gennaio 2013
Benedictus PP XVI
© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana
sabato 5 gennaio 2013
I MAGI E L'ADORAZIONE DEL REDENTORE
Don Dolindo Ruotolo
martedì 1 gennaio 2013
La Comunione nelle mani
Dopo essere stata bocciata per tre volte, in un'ultima votazione della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) è passata - per un solo voto! - la proposta di dare anche in Italia la Comunione nelle mani.«Per un solo voto».Significa che non tutti i Vescovi italiani sono d'accordo e che questa disposizione non è un dogma di fede; perciò non bisogna considerarsi in peccato se non si condivide una disposizione che - anche se resa «legale» da una votazione - lascia perplessi.E, pur rispettando la «legge», non possiamo sentirci in sintonia con essa.La «legge» è appena uscita ed è già abuso. Lo si prevedeva, perché già era successo in altri luoghi, e l'uomo è sempre lo stesso. Dieci anni fa, in Svizzera, fu trovata un'Ostia consacrata adagiata su un fazzolettino di carta sul comodino di un malato che la aveva avuta «nelle mani» dal cappellano della clinica che era passato al mattino: «Adesso non mi va, la prendo dopo» fu la risposta del malato alle legittime osservazioni.Può sembrare strano, ma invece è nella più elementare logica delle cose: quando si ha «nelle mani» qualcosa ci si sente padroni della stessa, ci si ritiene autorizzati a farne l'uso che ci pare, perché la consideriamo cosa «nostra». Qualche giorno fa, nella cripta di Padre Pio in S. Giovanni Rotondo, ho partecipato ad una concelebrazione e - seduto mentre due sacerdoti distribuivano la Comunione - ho assistito a questa scena: una donna ha preso Gesù nelle mani, è andata al suo posto, si è seduta sempre con l'Ostia nelle mani e le ha dato tanti bacetti. Non intendo mettere in dubbio la buona fede di questa novella Maddalena che, all'ombra di padre Pio - avuto finalmente il «suo» Gesù nelle mani - ha potuto sfogare tutta la sua devozione convinta di avere il placet della legge. Metto in dubbio la validità della legge che ciò ha permesso.E metto in dubbio la serietà di quanti permettono che la «legge» venga posta in atto senza aver preventivamente spiegato i limiti della «legge» stessa, che è chiarissima in questo senso, ed impone che il fedele consumi la Particola dinanzi al Sacerdote stesso, spostandosi di lato.Perché i Sacerdoti che distribuiscono la Comunione non esigono dai fedeli l'osservanza della «legge»?Ogni Sacerdote ha il dovere di richiamare il fedele che non rispetta le norme, e non deve continuare a distribuire l'Eucaristia quando i pii devoti se ne tornano al banco custodendo il « loro» Gesù nelle mani, con la gioia che ha il bambino quando ha preso una farfalla e la chiude nelle sue mani gridando «l'ho presa, l'ho presa! » e accingendosi magari a toglierle le ali perché ormai «l'ha presa» e quindi può farne quello che vuole.Una volta, tra le prove d'obbligo dei nuovi adepti alla massoneria, c'era proprio l'incetta delle Ostie consacrate che essi dovevano fare, peregrinando di chiesa in chiesa, dopo essersi bagnata la bocca con un preparato a base di aceto che bloccava la salivazione e faceva sì che la Particola restasse per qualche tempo sulla lingua senza sciogliersi.Dopo, tornati al banco, devotamente inginocchiati, mettendosi le mani sul viso in atto di profondo raccoglimento, i procacciatori di Ostie deponevano in un fazzoletto la sudata preda e la consegnavano ai loro mandanti.Tali Ostie venivano usate in cerimonie paraliturgiche (le oggi tanto diffuse «messe nere») nelle quali satana e i suoi adepti danno - a modo loro - la propria testimonianza di fede alla reale presenza di Gesù nell'Eucaristia.Oggi tutto è semplificato: è proprio la Chiesa, nella persona del Sacerdote, che «mette nelle mani» di chi lo desidera il suo capitale più prezioso, Gesù Eucaristia, Dio presente in Corpo, Anima, Spirito e Divinità tra i Suoi «figli». Ma quanti danno Gesù Eucaristia «nelle mani» di chiunque senza far rispettare le norme che regolano la nuova liturgia stiano attenti perché potrebbero divenire - senza rendersene neanche conto - dei Giuda che « danno nelle mani » dell'avversario (Mt 26,15) il loro Maestro e Signore che a loro si è affidato perché di loro si è fidato.E, alla resa dei conti, il «conto» sarò saldato. Ciascuno si regolerà come crederà più opportuno, perché la libertà è sacra; ma stiamo ben attenti all'uso che ne facciamo perché è un'arma a doppio taglio, e potrebbe accadere che il «Pane di vita» diventi «condanna»:«Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto esamini se stesso...» (1 Cor 11,27-28)P. Andrea D'Ascanio
Il Santo Rosario del Vaticano...pregate con me!!!
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Il Rosario è composto di venti "misteri" (eventi, momenti significativi) della vita di Gesù e di Maria, divisi dopo la Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, in quattro Corone.
La prima Corona comprende i misteri gaudiosi (lunedì e sabato), la seconda i luminosi (giovedì), la terza i dolorosi (martedì e venerdì) e la quarta i gloriosi (mercoledì e domenica).
«Questa indicazione non intende tuttavia limitare una conveniente libertà nella meditazione personale e comunitaria, a seconda delle esigenze spirituali e pastorali e soprattutto delle coincidenze liturgiche che possono suggerire opportuni adattamenti» (Rosarium Virginis Mariae, n. 38).
Per aiutare l'itinerario meditativo-contemplativo del Rosario, ad ogni "mistero" sono riportati due testi di riferimento: il primo della Sacra Scrittura, il secondo del Catechismo della Chiesa Cattolica.
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