28 marzo 2010
Domenica delle Palme Anno C
† Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo San Luca (Lc 22,14-23,56)
- Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione
Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
- Fate questo in memoria di me
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
- Guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito!
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
- Io sto in mezzo a voi come colui che serve
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
- Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
- Deve compiersi in me questa parola della Scrittura
Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».
- Entrato nella lotta, pregava più intensamente
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
- Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?
Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».
- Uscito fuori, Pietro, pianse amaramente
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
- Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
- Lo condussero davanti al loro Sinedrio
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
- Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna
Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
- Erode con i suoi soldati insulta Gesù
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.
- Pilato abbandona Gesù alla loro volontà
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
- Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
- Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
- Costui è il re dei Giudei
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
- Oggi con me sarai nel paradiso
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
- Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.
- Giuseppe pone il corpo di Gesù in un sepolcro scavato nella roccia
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.
Meditazione sulla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo
È con profonda trepidazione ed emozione che incomincio a parlare della Passione di Gesù Cristo! Chi può valutare un mistero di amore tanto profondo, che mentre è l’eccesso della carità di Gesù Cristo, costituisce un disegno perfetto, un ricamo mirabile, un quadro sublime? La Passione di Gesù è l’opera mirabile del Redentore, è l’attuazione di un piano sapientissimo; nel suo movimento tragico essa è come il freddo ragionamento della logica, nel suo tesoro di sentimenti essa è come lo sviluppo di un fenomeno nel quale non c’è un dato solo, non c’è un movimento solo che sia messo là a caso.
Io guardo il quadro di un grande artista: tutto in esso è movimento, tutto è vita; gli uomini sembra che parlino sulla tela, che sospirino, che vivano; gli elementi naturali sembrano agitati ed io immagino che l’artista, nel farlo, si sia mosso e si sia agitato anche lui. No! L’artista non è stato mai tanto freddo, tanto ponderato, tanto sapiente, tanto ordinato, tanto logico, che quando ha tracciato quelle linee piene di vita.
Così è Gesù buono nella sua Passione: Egli compie ed attua un mirabile disegno, nel quale gli uomini non sono che la miserabile materia grezza e marcita che Egli utilizza. Egli è il nobile trionfatore che entra nel campo desolato della morte, e tutto tramuta in vita ed in gloria immortale! Egli è l’operaio solerte che consuma la sua giornata nello spasimo atroce nel quale pare sopraffatto e vinto, mentre in realtà trionfa!
I suoi dolori sono la sua forza e la sua gloria, perché non sono semplicemente una tempesta che è passata sul suo capo adorato, ma sono i gesti esterni, dirò così, della sua attività sublime! Per questo nella Passione Egli si raccoglie tutto in un silenzio arcano e misterioso. Non parla perché è la sua mente, è il suo cuore che operano; non parla perché domina le piccole creature che credono di averlo sopraffatto. Le sue piaghe, le sue spine, gli sputi che lo hanno imbrattato, le terribili reazioni subite, la malignità umana che si è tutta rovesciata su di Lui, non lo hanno sfigurato, ma sono state trasformate nel suo amore per la sua sapienza.
Così le scorie le più vili, i pezzi di metallo più inutili, sono gettati nella fornace e ne sembrano l’ingombro, ma il fuoco ardente li liquefa, li fonde, li rende capaci di essere utilizzati per la formazione di una opera grande: da tutta quella massa informe che mette ribrezzo, viene fuori la bella campana che squilla, la statua colossale che torreggia, la macchina utile che subito si mette in movimento ed assorbe, nella sua forma, tutta quella miseria, e muta nel suo movimento tutto quell’inerzia degradante, tutta quella roba infranta, arrugginita ed inutilizzata!
Il tuo Cuore, o Gesù, è stato la fornace di amore che ha raccolto tutte le nostre miserie: nell’atto con cui le hai prese, Tu sei apparso un verme e non un uomo; sei apparso come l’ultimo di tutti, come l’abiezione della plebe. Tu sei stato inondato dalla nostra iniquità come da un torrente; eppure nel tuo Cuore tutto si è trasformato e dal tuo Cuore è venuto fuori l’inno più bello di amore, che è diventato l’inno grandioso dell’umanità: dalla tua umiliazione è nata la gloria, dalla tua morte la vita.
Tu hai assorbito in te il male passato, presente e futuro dell’umanità; hai sofferto perché ne hai sentito le terribili reazioni, ma hai utilizzato tutto perché, in questo sanguinoso battesimo di angoscia, Tu hai amato il Padre tuo, Tu hai attratto tutto a te, Tu hai mutato tutto in vita! Anche la mia miseria, anche le mie scorie, anche i miei peccati passarono in te, dolcissimo Gesù mio...
Oh, quanto dovrei gemere io di amaro dolore, pensando che alla tua Passione ho aggiunto le mie amarezze! Se vivessi di te, Gesù mio, sentirei in me il palpito di una vita nuova e mi accorgerei che in te la mia miseria si muta in amore! Oh, quanto sono stato ingrato, quanto è ingrato il mondo con te, o Gesù buono!
Prima di considerare determinatamente i dolori del Redentore, è necessario considerarli nel loro disegno sublime, è necessario approfondirne la natura, perché solo così si può valutare questo tesoro incomparabile. Noi siamo troppo abituati a compatire solo Gesù ed a compatirlo come un uomo addolorato. Lo consideriamo con un sentimento di compassione, che quasi quasi ce lo fa vedere umiliato e, direi quasi, inferiore a noi.
Se cerchiamo di ammirare la divina provvidenza di questi dolori e la sapienza che li ha armonizzati ed utilizzati, noi dobbiamo necessariamente apprezzare Gesù, dobbiamo sentire per Lui una gratitudine immensa, dobbiamo sentire un odio profondo per quei peccati che lo fecero soffrire, un odio profondo per la nostra indifferenza. Meditiamo quindi sulle intenzioni di Gesù nella sua Passione, meditiamo sulla natura dei suoi dolori e cerchiamo di intuire almeno le linee principali del suo ammirabile disegno.
Sevo di Dio DOn DOlindo Ruotolo
sabato 20 marzo 2010
Il Papa ha indirizzato una Lettera Pastorale a tutti i Cattolici dell’Irlanda per esprimere lo sgomento per gli abusi sessuali commessi sui giovani da parte di esponenti della Chiesa e per il modo in cui essi furono affrontati dai vescovi irlandesi e dai superiori religiosi. Egli chiede che la Lettera sia letta con attenzione nella sua interezza. Il Santo Padre parla della sua vicinanza nella preghiera a tutta la comunità cattolica irlandese in questo tempo pieno di amarezza e propone un cammino di risanamento, di rinnovamento e di riparazione.
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Chiede loro di ricordarsi della roccia da cui sono stati tagliati (cfr Is 51, 1), e in particolare del bel contributo che i missionari irlandesi apportarono alla civilizzazione dell’Europa e alla diffusione del cristianesimo in ogni continente. Negli ultimi anni si sono verificate molte sfide alla fede in Irlanda, al sopraggiungere di un rapido cambiamento sociale e di un declino nell’attaccamento a tradizionali pratiche devozionali e sacramentali. Questo è il contesto all’interno del quale si deve comprendere il modo con cui la Chiesa ha affrontato il problema dell’abuso sessuale dei ragazzi.
Molti sono i fattori che hanno originato il problema: una insufficiente formazione morale e spirituale nei seminari e nei noviziati, una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità, una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali hanno portato alla mancata applicazione, quando necessarie, delle pene canoniche che erano in vigore. Solo esaminando con attenzione i molti elementi che diedero origine alla crisi è possibile identificarne con precisione le cause e trovare rimedi efficaci.
Durante la loro visita ad Limina a Roma nel 2006 il Papa ha esortato i vescovi irlandesi a "stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i princìpi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi". Da quel momento egli ha voluto incontrare vittime in più di una occasione, ascoltando le loro vicende, pregando con loro e per loro, ed è pronto a farlo di nuovo in futuro. Nel febbraio 2010 ha chiamato a Roma i vescovi irlandesi per esaminare con loro le misure che stanno prendendo per porre rimedio al problema, con particolare riferimento alle procedure e ai protocolli ora in vigore per assicurare la tutela dei ragazzi negli ambienti ecclesiali e per rispondere con prontezza e con giustizia alle denunce di abusi. In questa Lettera Pastorale egli parla direttamente a una serie di gruppi all’interno della comunità cattolica irlandese, alla luce della situazione che si è creata.
Rivolgendosi in primo luogo alle vittime di abuso, egli prende atto del tremendo tradimento del quale hanno sofferto e dice loro quanto egli è dispiaciuto per ciò che hanno sopportato. Riconosce come in molti casi nessuno era disposto ad ascoltarli quando trovavano il coraggio di parlare di quanto era accaduto. Si rende conto di come coloro che dimoravano in convitti dovevano essersi sentiti, rendendosi conto che non avevano modo di sfuggire alle loro sofferenze. Pur riconoscendo quanto deve risultare difficile per molti di loro perdonare o riconciliarsi con la Chiesa, li esorta a non perdere la speranza. Gesù Cristo, lui stesso vittima di ingiuste sofferenze, comprende gli abissi della loro pena e il perdurare del suo effetto sulle loro vite e sulle loro relazioni. Ciononostante proprio le sue ferite, trasformate dalle sue sofferenze redentrici, sono i mezzi attraverso i quali il potere del male viene infranto e noi rinasciamo alla vita e alla speranza. Il Papa esorta le vittime a cercare nella Chiesa l’opportunità di incontrare Gesù Cristo e di trovare risanamento e riconciliazione riscoprendo l’infinito amore che Cristo ha per ciascuno di essi.
Nelle sue parole ai sacerdoti e ai religiosi che hanno commesso abusi sui giovani, il Papa ricorda loro che devono rispondere davanti a Dio e a tribunali debitamente costituiti, per le azioni peccaminose e criminali che hanno commesso. Hanno tradito una fiducia sacra e rovesciato vergogna e disonore sui loro confratelli. Un grande danno è stato arrecato, non soltanto alle vittime, ma anche alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa in Irlanda. Mentre esige da loro che si sottomettano alle esigenze della giustizia, ricorda loro che non devono disperare della misericordia di Dio, che egli ha liberamente offerto anche ai peccatori più grandi, se si pentono delle loro azioni, fanno penitenza e con umiltà implorano perdono.
Il Papa incoraggia i genitori a perseverare nel difficile compito di educare i figli a riconoscere che sono amati e desiderati e a sviluppare una sana stima di sé. I genitori hanno la responsabilità primaria di educare le nuove generazioni ai princìpi morali che sono essenziali per una civiltà civile. Il Papa invita i ragazzi e i giovani a trovare nella Chiesa un’opportunità per un incontro vivificante con Cristo, e a non lasciarsi frenare dalle mancanze di alcuni sacerdoti e religiosi. Egli guarda al contributo dei giovani per il rinnovamento della Chiesa. Esorta anche i sacerdoti e i religiosi a non scoraggiarsi, ma al contrario a rinnovare la loro dedizione ai rispettivi apostolati, operando in armonia con i loro superiori in modo da offerire nuova vita e dinamicità alla Chiesa in Irlanda attraverso la loro vivente testimonianza all’opera redentrice del Signore.
Rivolgendosi ai vescovi irlandesi, il Papa rileva i gravi errori di giudizio e il fallimento della leadership di molti di loro, perché non applicarono in modo corretto le procedure canoniche nel rispondere alle denunce di abusi. Sebbene risultasse spesso difficile sapere come affrontare situazioni complesse, rimane il fatto che furono commessi seri errori e che di conseguenza essi hanno perso credibilità. Il Papa li incoraggia a continuare a sforzarsi con determinazione per porre rimedio agli errori del passato e per prevenire ogni loro ripetersi, applicando in modo pieno il diritto canonico e cooperando con le autorità civili nelle aree di loro competenza. Invita inoltre i vescovi ad impegnarsi a diventare santi, a presentarsi come esempi, ad incoraggiare i sacerdoti e i fedeli a fare la loro parte nella vita e nella missione della Chiesa.
Infine, il Papa propone alcuni passi specifici per stimolare il rinnovamento della Chiesa in Irlanda. Chiede a tutti di offrire le loro penitenze del venerdì, per il periodo di un anno, in riparazione dei peccati di abuso che si sono verificati. Raccomanda di ricorrere con frequenza al sacramento della riconciliazione e alla pratica dell’adorazione eucaristica. Annuncia l’intenzione di indire una Visita Apostolica di alcune diocesi, congregazioni religiose e seminari, con il coinvolgimento della Cura Romana, e propone una Missione a livello nazionale per i vescovi, i sacerdoti e i religiosi in Irlanda. In questo Anno dedicato in tutto il mondo ai Sacerdoti, presenta la persona di San Giovanni Maria Vianney come modello e intercessore per un rivivificato ministero sacerdotale in Irlanda. Dopo aver ringraziato tutti coloro che si sono impegnati con alacrità per affrontare con decisione il problema, conclude proponendo una Preghiera per la Chiesa in Irlanda, da usare da tutti i fedeli per invocare la grazia del risanamento e del rinnovamento in questo tempo di difficoltà.
© Bollettino Santa Sede - 20 marzo 2010